23.3.2025

Carissimi,

continuando le nostre chiacchierate di Quaresima sul tema giubilare della speranza, nella Lectio divina di mercoledì scorso, don Salvatore Barretta ha preso in esame il seguente brano di Isaia: “Perché dici, Giacobbe, e tu, Israele, ripeti:

‘La mia via è nascosta al Signore e il mio diritto è trascurato dal mio Dio’?

Non lo sai forse? Non l'hai udito?

Dio eterno è il Signore, che ha creato i confini della terra.

Egli non si affatica né si stanca, la sua intelligenza è inscrutabile.

Egli dà forza allo stanco e moltiplica il vigore allo spossato.

Anche i giovani faticano e si stancano, gli adulti inciampano e cadono;

ma quanti sperano nel Signore riacquistano forza, mettono ali come aquile, corrono senza affannarsi, camminano senza stancarsi.” (Is 40, 27-31).

È il colloquio tra il popolo (= Giacobbe) rappresentato dal profeta e il suo Signore.

Un popolo che vive la prova dell’esilio e del senso di lontananza da Dio.

E, come succede in ogni situazione di fatica e di sofferenza, lo stesso sviluppa due stati d’animo negativi.

Il primo è sentirsi abbandonato o, peggio, punito da Dio. Da ciò si sviluppa istintiva la reazione di andare “cianciando”: lo sproloquio insensato e a vanvera. Della serie: “Quante me ne ha date, ma quante gliene ho dette!”

Il secondo atteggiamento interiore è quello della stanchezza. Il popolo e il suo profeta si sono stancati di sperare.

Nelle situazioni di scoramento il Signore non ci commisera mai, anzi ci ricorda chi è Lui: “Eterno è il Signore, che ha creato i confini della terra… la sua intelligenza è inscrutabile” (vedi Giobbe capp. 38-40). Poi ci dice le cose come stanno, inchiodandoci alla nostra fragilità: sei stanco e spossato.

Ciò mortifica la presunzione dell’essere umano e spesso, il suo delirio di onnipotenza, ma lo mette nelle condizioni migliori per fare esperienza della potenza dell’Altissimo. Quando Egli ci vede “alle corde”, ma pronti a sperare in Lui… allora ci mette “ali come di aquile”…

Perché la regola generale, ripetutamente affermata nella Sacra Scrittura, prevede che “nella nostra debolezza si manifesti la sua forza” (cfr 2Cor 12,9). Dunque la vicinanza del Signore a chi si riconosce inadeguato: “Non temere, io sarò con te!” (cfr Is 41, 10; 43, 1-5; … l’espressione “Non temere!” ricorre 366 volte nella Bibbia).

In conclusione, non dobbiamo aver paura delle miserie personali ma temere piuttosto la chiusura all’azione di Dio. Sempre, ma soprattutto quando si è nella prova.

Dunque nella fragilità bisogna aprirsi con più slancio all’azione potente dello Spirito Santo.

Buona domenica                 

Don Giuseppe