IN ASCOLTO DELLA PAROLA DI DIO
La lectio divina esprime la realtà della Chiesa come creatura Verbi: questa si fonda sulla Parola di Dio, nasce convocata dalla Parola e vive in essa. Nella Parola la Chiesa trova “l’annuncio della sua identità, la grazia della sua conversione, il mandato della sua missione, la fonte della sua profezia, la ragione della sua speranza” (Sinodo 2008, Instrumentum Laboris, 12).
La lectio divina ha chiare radici bibliche e un lungo esercizio monastico. Oggi si intende come “lettura credente” – sosta riflessiva e ascolto orante, da soli o in gruppo – di un passo della Bibbia, accolta come Parola di Dio. Con la guida dello Spirito Santo, nell’esperienza di meditazione e silenzio, di contemplazione e condivisione, la Parola diventa sorgente di grazia, dialogo orante, appello alla conversione, proposta profetica e orizzonte di speranza. Non è quindi puro studio tecnico, ma ascolto obbediente e risposta appassionata.
Nella liturgia cristiana, la lectio Divina è un modo tradizionale di pregare la Bibbia. Durante la lectio divina, cioè "lettura della volontà di Dio", il credente legge le Scritture nella convinzione che Dio voglia istruirlo attraverso di esse.
È un modo di pregare che il credente può attuare anche nel quotidiano, e si suddivide in lettura del passo (lectio), riflessione su di esso (meditatio), preghiera (oratio), contemplazione estetica (contemplatio) e comprensione di ciò che "è bello" (consolatio), "bene" (discretio) e "giusto" (deliberatio).
mercoledì 21 -28 febbraio e mercoledì 6 - 13 - 20 marzo, don Giuseppe Colaci riprende gli incontri di Lectio Divina.
Orario: 21,00
Tema: il Vangelo di Giovanni
Lectio Divina:
Domenica 2 marzo 2025 domenica VIII del Tempo Ordinario (Anno C)
1 Lettera ai Corinzi 15, 54 - 58
Luca 6, 39 - 45
1) Orazione iniziale
Dio nostro Padre, che hai inviato nel mondo la Parola di verità, risana i nostri cuori divisi, perché dalla nostra bocca non escano parole malvagie ma parole di carità e di sapienza.
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2) Lettura: 1 Lettera ai Corinzi 15, 54 - 58
Fratelli, quando questo corpo corruttibile si sarà vestito d'incorruttibilità e questo corpo mortale d'immortalità, si compirà la parola della Scrittura: «La morte è stata inghiottita nella vittoria.
Dov'è, o morte, la tua vittoria? Dov'è, o morte, il tuo pungiglione?».
Il pungiglione della morte è il peccato e la forza del peccato è la Legge. Siano rese grazie a Dio, che ci dà la vittoria per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo!
Perciò, fratelli miei carissimi, rimanete saldi e irremovibili, progredendo sempre più nell'opera del Signore, sapendo che la vostra fatica non è vana nel Signore.
3) Commento [1] su 1 Lettera ai Corinzi 15, 54 - 58
● Dopo la digressione circa gli strumenti di cui la morte si serve, Paolo ritorna al tema della vittoria che Cristo ha ottenuto su di essa: «Siano rese grazie a Dio che ci dà la vittoria per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo!» (v. 57). La risurrezione di Cristo, in quanto inizio di una vita nuova, che sgorga proprio dall’accettazione della morte fisica come segno di un amore portato all’estremo, elimina in coloro che si uniscono a lui la paura della morte; egli vince così il peccato, il quale a sua volta, con l’aiuto della legge, è causa della morte vera, quella dello spirito. Da questa costatazione Paolo trae una conseguenza pratica: «Perciò, fratelli miei carissimi, rimanete saldi e irremovibili, progredendo sempre nell’opera del Signore, sapendo che la vostra fatica non è vana nel Signore» (v. 58). La risurrezione di Cristo, in quanto indica una speranza che va oltre la morte, è il sostegno più grande per chi vuole vivere secondo la volontà di Dio, perché da essa viene la certezza che nulla del bene che si è fatto è vano o inutile.
Nell’inno riportato alla fine del capitolo, la risurrezione dei morti, iniziata con Cristo, è presentata come l’espressione della vittoria di Dio sul grande nemico dell’uomo, la morte.
Affrontando con coraggio la sua morte come espressione di un amore totale verso il Padre e verso i fratelli, Gesù ha eliminato non la morte fisica ma la paura della morte e, di conseguenza, ha vinto il peccato che, mediante la paura della morte, in modi diversi domina l’uomo durante la sua vita terrena. In altre parole, con la sua risurrezione Cristo conferisce a chi crede in lui una vita nuova che sgorga quando si elimina la paura della morte e il peccato che essa genera retrospettivamente nella vita dell’uomo. Per questo la morte di Cristo in croce comporta anche il superamento della legge in quanto, una volta vinto il peccato, essa viene osservata nel modo più pieno mediante la pratica dell’amore, a prescindere da quanto essa comanda e dalle sanzioni che minaccia (cfr. 1Cor 13). Nella prospettiva della risurrezione finale, ciò che Paolo vuole difendere è la possibilità di una vita nuova che si apre già fin d’ora per il credente. Di conseguenza, la solidarietà con il Cristo risorto impegna il cristiano in una lotta quotidiana contro tutte le realtà di morte che ancora sopravvivono in lui e nella società a cui appartiene, in vista della vittoria piena, che avrà luogo solo alla fine.
● Fratelli,54 quando questo corpo corruttibile si sarà vestito d'incorruttibilità e questo corpo mortale d'immortalità, si compirà la parola della Scrittura: «La morte è stata inghiottita nella vittoria.
55 Dov'è, o morte, la tua vittoria? Dov'è, o morte, il tuo pungiglione?»
Paolo nel brano precedente aveva cercato di spiegare come sarebbe avvenuta la risurrezione dai morti. Il corpo come un seme sarebbe stato seppellito nella terra e sarebbe risorto nella gloria e nell'incorruttibilità. Quando ciò avverrà, si avvereranno le parole della Scrittura. In questa citazione egli riprende molto liberamente Is 25,8 e Os 13,14. La fine della morte viene annunciata anche in Ap 20,14.
● 56 Il pungiglione della morte è il peccato e la forza del peccato è la Legge.
Segue una riflessione sullo stretto rapporto esistente tra legge, peccato e morte, che sarà al centro delle lettere ai Galati e ai Romani. La legge divina, in quanto si rivolge agli uomini ribelli, provoca la loro disobbedienza e li affonda sempre più nel rifiuto. Viene così utilizzata dalla potenza del peccato che così diventa operante in noi portandoci alla morte ultima, alla perdizione. Il circolo vizioso tra legge e peccato porta dunque alla morte. È un paradosso che un ebreo giunga ad affermare queste cose!
● 57 Siano rese grazie a Dio, che ci dà la vittoria per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo!
Paolo ringrazia dunque il Signore che grazie alla morte e alla risurrezione di Gesù, primizia di coloro che sono morti, ci dona la vittoria sulla morte.
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4) Lettura: dal Vangelo secondo Luca 6, 39 - 45
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli una parabola: «Può forse un cieco guidare un altro cieco? Non cadranno tutti e due in un fosso? Un discepolo non è più del maestro; ma ognuno, che sia ben preparato, sarà come il suo maestro. Perché guardi la pagliuzza che è nell'occhio del tuo fratello e non ti accorgi della trave che è nel tuo occhio? Come puoi dire al tuo fratello: "Fratello, lascia che tolga la pagliuzza che è nel tuo occhio", mentre tu stesso non vedi la trave che è nel tuo occhio? Ipocrita! Togli prima la trave dal tuo occhio e allora ci vedrai bene per togliere la pagliuzza dall'occhio del tuo fratello. Non vi è albero buono che produca un frutto cattivo, né vi è d'altronde albero cattivo che produca un frutto buono. Ogni albero infatti si riconosce dal suo frutto: non si raccolgono fichi dagli spini, né si vendemmia uva da un rovo. L'uomo buono dal buon tesoro del suo cuore trae fuori il bene; l'uomo cattivo dal suo cattivo tesoro trae fuori il male: la sua bocca infatti esprime ciò che dal cuore sovrabbonda».
5) Riflessione [2] sul Vangelo secondo Luca 6, 39 - 45
● Con parole rudi, certamente per far penetrare meglio il suo insegnamento nei nostri cuori duri, Gesù ricorda una delle
componenti fondamentali della vita cristiana: essere discepoli. Chi vuole condurre da solo la propria vita è un cieco che conduce un cieco; il buon frutto si trova su di un albero solido, e si è sempre cattivi giudici di se stessi se qualcuno non ci aiuta. Il maestro è Gesù, e noi siamo i suoi discepoli, cioè coloro che si lasciano istruire da lui, che riconoscono la sua autorità sovrana e si fidano delle sue parole. Ma beato colui che, sulla terra, ha saputo scoprire i portavoce di questa autorità, i maestri che non sono di ostacolo all'unico maestro, ma che attualizzano, concretizzano la sua parola, le sue esigenze, ma anche il suo amore attento. Vi sono i maestri secondo l'istituzione, quelli che la Chiesa ci dà, e riconosce come tali. E vi sono quelli che, nascosti, si lasciano riconoscere dai cuori preparati. Ogni uomo deve, nel corso di tutta la sua vita, riconoscersi discepolo di Gesù: seguirlo, obbedirgli e quindi ascoltarlo, al fine di mettere in pratica il suo insegnamento che ci conduce alla vita.
● Chi non ama vede solo il male attorno a sé.
Perché guardi la pagliuzza che è nell'occhio di tuo fratello? Notiamo la precisione del verbo: perché "guardi", e non semplicemente "vedi"; perché osservi, fissi lo sguardo su pagliuzze, sciocchezze, piccole cose storte, scruti l'ombra anziché la luce di quell'occhio? Con una sorta di piacere maligno a ricercare ed evidenziare il punto debole dell'altro, a godere dei suoi difetti. Quasi a giustificare i tuoi. Un motivo c'è: chi non vuole bene a se stesso, vede solo male attorno a sé; chi non sta bene con sé, sta male anche con gli altri. Invece colui che è riconciliato con il suo profondo, guarda l'altro con benedizione.
Con sguardo benedicente.
Dio guardò e vide che tutto era cosa molto buona (Gen 1,31). Il Dio biblico è un Dio felice, che non solo vede il bene, ma lo emana, perché ha un cuore di luce e il suo occhio buono è come una lampada, dove si posa diffonde luce (Mt 6,22). Un occhio cattivo invece emana oscurità, moltiplica pagliuzze, diffonde amore per l'ombra. Alza una trave davanti al sole.
Non c'è albero buono che faccia frutti cattivi. La morale evangelica è un'etica della fecondità, di frutti buoni, di sterilità vinta e non di perfezione. Dio non cerca alberi senza difetti, con nessun ramo spezzato dalla bufera o contorto di fatica o bucato dal picchio o dall'insetto. L'albero ultimato, giunto a perfezione, non è quello senza difetti, ma quello piegato dal peso di tanti frutti gonfi di sole e di succhi buoni. Così, nell'ultimo giorno, quello della verità di ogni cuore (Mt 25), lo sguardo del Signore non si poserà sul male ma sul bene; non sulle mani pulite o no, ma sui frutti di cui saranno cariche, spighe e pane, grappoli, sorrisi, lacrime asciugate.
La legge della vita è dare.
È scritto negli alberi: non crescono tra terra e cielo per decine d'anni per se stessi, semplicemente per riprodursi: alla quercia e al castagno basterebbe una ghianda, un riccio ogni 30 anni. Invece ad ogni autunno offrono lo spettacolo di uno scialo di frutti, uno spreco di semi, un eccesso di raccolto, ben più che riprodursi. è vita a servizio della vita, degli uccelli del cielo, degli insetti affamati, dei figli dell'uomo, di madre terra. Le leggi della realtà fisica e quelle dello spirito coincidono. Anche la persona, per star bene, deve dare, è la legge della vita: deve farlo il figlio, il marito, la moglie, la mamma con il suo bambino, l'anziano con i suoi ricordi. Ogni uomo buono trae fuori il bene dal buon tesoro del suo cuore. Noi tutti abbiamo un tesoro, è il cuore: da coltivare come un Eden; da spendere come un pane, da custodire con ogni cura perché è la fonte della vita (Proverbi, 4, 23). Allora, non essere avaro del tuo cuore: donalo.
● La fecondità è la prima legge di un albero
L'uomo buono dal buon tesoro del suo cuore trae fuori il bene. Il buon tesoro del cuore: una definizione così bella, così piena di speranza, di ciò che siamo nel nostro intimo mistero. Abbiamo tutti un tesoro buono custodito in vasi d'argilla, oro fino da distribuire. Anzi il primo tesoro è il nostro cuore stesso: “un uomo vale quanto vale il suo cuore” (Gandhi).
La nostra vita è viva se abbiamo coltivato tesori di speranza, la passione per il bene possibile, per il sorriso possibile, la buona politica possibile, una "casa comune" dove sia possibile vivere meglio per tutti. La nostra vita è viva quando ha cuore. Gesù porta a compimento la religione antica su due direttrici: la linea della persona, che viene prima della legge, e poi la linea del cuore, delle motivazioni profonde, delle radici buone.
Accade come per gli alberi: l'albero buono non produce frutti guasti. Gesù ci porta alla scuola della sapienza degli alberi.
La prima legge di un albero è la fecondità, il frutto. Ed è la stessa regola di fondo che ispira la morale evangelica: un'etica del frutto buono, della fecondità creativa, del gesto che fa bene davvero, della parola che consola davvero e guarisce, del sorriso autentico. Nel giudizio finale (Matteo 25), non tribunale ma rivelazione della verità ultima del vivere, il dramma non saranno le nostre mani forse sporche, ma le mani desolatamente vuote, senza frutti buoni offerti alla fame d'altri. Invece gli alberi, la natura intera, mostrano come non si viva in funzione di se stessi ma al servizio delle creature: infatti ad ogni autunno ci incanta lo spettacolo dei rami gonfi di frutti, un eccesso, uno scialo, uno spreco di semi, che sono per gli uccelli del cielo, per gli animali della terra, per gli insetti come per i figli dell'uomo.
Le leggi profonde che reggono la realtà sono le stesse che reggono la vita spirituale. Il cuore del cosmo non dice sopravvivenza, la legge profonda della vita è dare. Ciò è crescere e fiorire, creare e donare. Come alberi buoni. Ma abbiamo anche una radice di male in noi. Perché guardi la pagliuzza che è nell'occhio di tuo fratello? Perché ti perdi a cercare fuscelli, a guardare l'ombra anziché la luce di quell'occhio? Non è così lo sguardo di Dio. L'occhio del Creatore vide che l'uomo era cosa molto buona! Dio vede l'uomo molto buono perché ha un cuore di luce. L'occhio cattivo emana oscurità, diffonde amore per l'ombra.
L'occhio buono è come lucerna, diffonde luce. Non cerca travi o pagliuzze o occhi feriti, i nostri cattivi tesori, ma si posa su di un Eden di cui nessuno è privo: “con ogni cura veglia sul tuo cuore perché è la sorgente della vita” (Proverbi 4,23).
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6) Momento di silenzio
perché la Parola di Dio possa entrare in noi ed illuminare la nostra vita.
7) Alcune domande per aiutarci nella meditazione e nella orazione.
- Per i catechisti e gli educatori: siano in costante ascolto dell'evangelo per illuminare con la sua guida il cammino di quanti sono loro affidati. Preghiamo?
- Per il papa (N.) e tutti i pastori delle Chiese: guardino sempre a Cristo, unico Signore e Maestro, per lasciarsi guidare da lui nel pellegrinaggio verso il regno. Preghiamo?
- Per ciascuno di noi: sia consapevole della propria fragilità nel porsi di fronte al fratello, così da intraprendere insieme il cammino della conversione. Preghiamo?
- Per la Chiesa: radicata in Cristo, porti a lui frutti di fedeltà, bontà, amore senza limiti. Preghiamo.
- Ogni uomo e ciascuna donna: dal profondo della loro umanità riescano a portare frutti di rettitudine, onestà, solidarietà. Preghiamo?
- Per quanti possano essere caduti nell'errore: si lascino rinnovare dalla Parola di Gesù e tornino a portare frutti di onestà, solidarietà, condivisione. Preghiamo?
- Tentiamo con perseveranza di toglierci dall'occhi la trave che fingiamo di ignorare?
- Quante volte ti sei sentito cieco e non ti sei fermato a dire a chi di dovere Guariscimi Signore?
- Come posso partecipare alla vittoria di Cristo sul male e sulla morte?
8) Preghiera: Salmo 95
È bello rendere grazie al Signore.
È bello rendere grazie al Signore
e cantare al tuo nome, o Altissimo,
annunciare al mattino il tuo amore,
la tua fedeltà lungo la notte.
Il giusto fiorirà come palma,
crescerà come cedro del Libano;
piantati nella casa del Signore,
fioriranno negli atri del nostro Dio.
Nella vecchiaia daranno ancora frutti,
saranno verdi e rigogliosi,
per annunciare quanto è retto il Signore,
mia roccia: in lui non c'è malvagità.
9) Orazione Finale
Ascolta, Padre, questa supplica e manda lo Spirito Santo a trasformare i cuori e le menti, tutti conducendo all'incontro con Cristo nostro Signore.
Orari Sante Messe:
Chiesa Cattedrale
Feriali: ore 18.30
Festive:
Sabato: ore 18.30
Domenica: ore 8.30 - 11.00 - 18.30
Cappella della Visione S. Ignazio di Loyola
Feriali: ore 7,30 (Lun.- Ven.)
Cappella S. Giovanni Calabria
Domenica: ore 9.30
UFFICIO PARROCCHIALE
Da Lunedì a venerdì: 10.30 – 12.30
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lunedì - mercoledì - venerdì:
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